L’usucapione è un istituto che consente al possessore di un bene di reclamarne la proprietà trascorso il periodo di tempo minimo previsto dalle norme. Per fare in modo che il diritto possa essere esercitato, risulta necessario che il possesso avvenga in modo palese, pacifico e continuato e che trascorra il numero di anni previsto. Pertanto, il possessore deve agire in sede civile per ottenere una sentenza che dichiari l’avvenuta acquisizione del diritto, dando prova degli elementi di cui sopra.
Secondo la giurisprudenza, la procedura tesa ad accertare l’usucapione di un bene rientra tra le previsioni del D.Lgs 28/2010 che disciplina la mediazione obbligatoria. L’art.5 del decreto sancisce, infatti, che la domanda avanzata per l’avvenuta usucapione debba ritenersi relativa alle controversie in materia di diritti civili e quindi soggetta al tentativo obbligatorio di mediazione.
La procedura di usucapione inizia con un’istanza presentata davanti all’organismo di mediazione da parte del soggetto che intende beneficiare dell’accertamento del diritto, ossia il possessore. Essa deve contenere i nominativi o la ragione sociale dei soggetti da convocare e i beni da usucapire. L’organismo procede alla convocazione delle parti e fissa la data dell’incontro. Se tutte le parti che risultano essere proprietarie del bene riconoscono l’acquisizione del diritto da parte del possessore, il mediatore procede a redigere il verbale di accordo. In seguito, bisogna recarsi dal notaio per redigere l’atto pubblico e procedere con la trascrizione nei registri immobiliari o mobiliari, in modo che il diritto sia opponibile verso tutti i consociati.
Con riguardo alle formalità previste per la redazione del verbale di accordo, si ha la presenza necessaria del legale delle parti e la sottoscrizione dello stesso da parte degli avvocati. Tuttavia, il requisito più importante ai fini della trascrivibilità di tale verbale nei pubblici registri è la successiva autentica da parte del pubblico ufficiale, notaio, delle sottoscrizioni contenute nell’accordo.
Sul piano dottrinale ci si è chiesto se l’accertamento dell’usucapione non giudizialmente accertata abbia dato origine a un terzo genere di acquisizione del diritto, a metà strada tra titolo originario e titolo derivativo. A sostegno di tale interpretazione vi è la constatazione che gli effetti giuridici nei confronti di terzi variano a seconda che l’usucapito sia in possesso o meno di un titolo trascritto.
Sorge allora la domanda del perché un soggetto dovrebbe puntare a farsi accertare l’usucapione del bene in fase di mediazione e non in via giudiziale. In questo secondo caso, sappiamo che il diritto in oggetto prescinde dalla posizione soggettiva dell’usucapito e si ha per il solo possesso protratto per un determinato tempo e in presenza di altri criteri previsti dalle norme, mentre nel caso di conciliazione vale la posizione giuridica dell’usucapito ai fini dell’opponibilità verso terzi. Con l’accordo conciliatorio, quindi, non si avrebbe l’effetto liberatorio tipico di una sentenza di accertamento del diritto.